Pomero©
2006-08-29 10:44:42 UTC
Apocalypse again
La Marina Usa torna a puntare sulle lance veloci, come in Vietnam
"Never get out of the boat", diceva Martin Sheen-capitano Willard nel film
capolavoro di Francis Ford Coppola, Apocalypse Now. Mai scendere dalla
barca, perché di quel delta del Mekong i guerriglieri vietnamiti conoscevano
ogni palmo, giocando a casa loro. E in quelle acque basse la barca, ossia la
swift boat, consentiva ai marinai statunitensi di attaccare e fuggire
veloci, in caso di pericolo. Per gli Usa non finì bene. Dopo trent'anni, ora
la Marina americana punta di nuovo sulle lance veloci per sconfiggere un
altro tipo di guerriglia: quella irachena. Con un cambio di strategia che
fornisce una nuova analogia tra il pantano del Vietnam e quello crescente
dell'Iraq.
Martin Sheen in Apocalypse NowNuovo impiego. Già da un anno il corpo dei
Marines impiega qualche barca simile sull'Eufrate, in particolare per
proteggere la diga della centrale idroelettrica di Haditha dagli attacchi
degli insorti. Ma dalla prossima primavera, l'impiego delle nuove swift boat
verrà potenziato e sarà affidato alla Marina, che invierà in Iraq una decina
di imbarcazioni da 12 metri, capaci di sfrecciare a 40 nodi e di navigare in
acque profonde anche 25 centimetri. Su ogni lancia potranno trovare posto 16
marinai. All'inizio la US Navy invierà 220 uomini per pattugliare l'Eufrate,
ma è previsto che in futuro questi aumenteranno fino a 900. I fiumi e le
acque costiere del Vietnam, nel massimo sforzo americano, impegnavano 4.500
marinai e circa 450 barche.
La missione. Pur dotate di una massiccia blindatura e di mitragliatori da 50
millimetri, ufficialmente le swift boat del terzo millennio non avranno come
compito principale la caccia agli insorti, ma quello di impedire il
contrabbando d'armi tra la Siria e la capitale irachena Baghdad, nonché l'afflusso
di guerriglieri, e di proteggere i pescatori e gli agricoltori sulle rive
del fiume. "I fiumi iracheni rappresentano le vecchie vie del contrabbando",
ha detto il capitano Michael Jordan, commodoro di uno dei nuovi squadroni di
lance, "vie che sono state utilizzate per centinaia, migliaia di anni. E
finora noi abbiamo posti di blocco sulle strade, non sui fiumi". L'ammiraglio
Michael Mullen, responsabile supremo delle operazioni navali statunitensi,
ha però dichiarato che le missioni comprenderanno anche scontri a fuoco con
gli insorti, che spesso scappano lungo i fiumi dopo aver attaccato le truppe
Usa.
Due swift boatsCambio di strategia. Comunque sia, la scelta di tornare ai
metodi del Vietnam rappresenta una rivoluzione strategica per la Marina
statunitense, che negli ultimi trent'anni aveva puntato tutto sulla
supremazia data dalle portaerei e dai sommergibili nucleari. Quando la
guerra era "fredda" e il nemico era sovietico, questa strategia aveva
funzionato alla grande. Per essere pronti a inviare truppe in ogni area di
crisi, anche. Ma la guerra in Iraq, ormai entrata nel suo quarto anno,
presenta un nemico diverso: migliaia di insorti che colpiscono con armi
leggere, mordono e fuggono. Contro di loro, una Marina che si basa sui
giganti del mare e la tecnologia può fare poco. Lo dimostrò anche l'attacco
suicida contro il cacciatorpediniere USS Cole nelle acque dello Yemen, nell'ottobre
2000. Il cambio di strategia era già stato annunciato a inizio anno dall'ammiraglio
Mullen, che aveva spiegato come la Marina doveva prepararsi a combattere
guerre grandi e piccole. "Tradizionalmente non è così che intendevamo il
controllo del mare, ma se questo è quello che il nuovo secolo richiede noi
ci adegueremo", aveva detto. Sperando, ovviamente, che dalle nuove swift
boat si possa anche scendere, senza rischiare un colpo in fronte. E che non
vada a finire come in Vietnam.
Alessandro Ursic
La Marina Usa torna a puntare sulle lance veloci, come in Vietnam
"Never get out of the boat", diceva Martin Sheen-capitano Willard nel film
capolavoro di Francis Ford Coppola, Apocalypse Now. Mai scendere dalla
barca, perché di quel delta del Mekong i guerriglieri vietnamiti conoscevano
ogni palmo, giocando a casa loro. E in quelle acque basse la barca, ossia la
swift boat, consentiva ai marinai statunitensi di attaccare e fuggire
veloci, in caso di pericolo. Per gli Usa non finì bene. Dopo trent'anni, ora
la Marina americana punta di nuovo sulle lance veloci per sconfiggere un
altro tipo di guerriglia: quella irachena. Con un cambio di strategia che
fornisce una nuova analogia tra il pantano del Vietnam e quello crescente
dell'Iraq.
Martin Sheen in Apocalypse NowNuovo impiego. Già da un anno il corpo dei
Marines impiega qualche barca simile sull'Eufrate, in particolare per
proteggere la diga della centrale idroelettrica di Haditha dagli attacchi
degli insorti. Ma dalla prossima primavera, l'impiego delle nuove swift boat
verrà potenziato e sarà affidato alla Marina, che invierà in Iraq una decina
di imbarcazioni da 12 metri, capaci di sfrecciare a 40 nodi e di navigare in
acque profonde anche 25 centimetri. Su ogni lancia potranno trovare posto 16
marinai. All'inizio la US Navy invierà 220 uomini per pattugliare l'Eufrate,
ma è previsto che in futuro questi aumenteranno fino a 900. I fiumi e le
acque costiere del Vietnam, nel massimo sforzo americano, impegnavano 4.500
marinai e circa 450 barche.
La missione. Pur dotate di una massiccia blindatura e di mitragliatori da 50
millimetri, ufficialmente le swift boat del terzo millennio non avranno come
compito principale la caccia agli insorti, ma quello di impedire il
contrabbando d'armi tra la Siria e la capitale irachena Baghdad, nonché l'afflusso
di guerriglieri, e di proteggere i pescatori e gli agricoltori sulle rive
del fiume. "I fiumi iracheni rappresentano le vecchie vie del contrabbando",
ha detto il capitano Michael Jordan, commodoro di uno dei nuovi squadroni di
lance, "vie che sono state utilizzate per centinaia, migliaia di anni. E
finora noi abbiamo posti di blocco sulle strade, non sui fiumi". L'ammiraglio
Michael Mullen, responsabile supremo delle operazioni navali statunitensi,
ha però dichiarato che le missioni comprenderanno anche scontri a fuoco con
gli insorti, che spesso scappano lungo i fiumi dopo aver attaccato le truppe
Usa.
Due swift boatsCambio di strategia. Comunque sia, la scelta di tornare ai
metodi del Vietnam rappresenta una rivoluzione strategica per la Marina
statunitense, che negli ultimi trent'anni aveva puntato tutto sulla
supremazia data dalle portaerei e dai sommergibili nucleari. Quando la
guerra era "fredda" e il nemico era sovietico, questa strategia aveva
funzionato alla grande. Per essere pronti a inviare truppe in ogni area di
crisi, anche. Ma la guerra in Iraq, ormai entrata nel suo quarto anno,
presenta un nemico diverso: migliaia di insorti che colpiscono con armi
leggere, mordono e fuggono. Contro di loro, una Marina che si basa sui
giganti del mare e la tecnologia può fare poco. Lo dimostrò anche l'attacco
suicida contro il cacciatorpediniere USS Cole nelle acque dello Yemen, nell'ottobre
2000. Il cambio di strategia era già stato annunciato a inizio anno dall'ammiraglio
Mullen, che aveva spiegato come la Marina doveva prepararsi a combattere
guerre grandi e piccole. "Tradizionalmente non è così che intendevamo il
controllo del mare, ma se questo è quello che il nuovo secolo richiede noi
ci adegueremo", aveva detto. Sperando, ovviamente, che dalle nuove swift
boat si possa anche scendere, senza rischiare un colpo in fronte. E che non
vada a finire come in Vietnam.
Alessandro Ursic
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